• Birra Artigianale dal colore ramato, c...
    Caratteristiche
    • Temperatura di servizio8 °C
    • StileIndia Pale Ale
    • RegioneLazio
    • Grado alcolico7 °
    • ColoreRamata
    A partire da:4,03
    0%
     
  • Birra Artigianale dal colore giallo in...
    Caratteristiche
    • StileWeizenbock
    • RegioneAbruzzo
    • Grado alcolico7.7 °
    • Formato33 cl, 75 cl
    • ColoreBionda
    A partire da:4,88
    0%
     
  • Birra Artigianale di colore chiaro, na...
    Caratteristiche
    • Temperatura di servizio7-8 °C
    • StileWeizen
    • RegioneUmbria
    • Grado alcolico5.2 °
    • Formato33 cl, 75 cl, 1.5 Lt
    • ColoreChiara
    A partire da:4,88
    0%
     
  • Birra Artigianale della Campania ...
    Caratteristiche
    • Temperatura di servizio6-8 °C
    • StileIndia Pale Ale
    • Grado alcolico5.5 °
    • ColoreChiara
    A partire da:4,15
    0%
     
  • Birra artigianale di colore chiar...
    Caratteristiche
    • Temperatura di servizio6-8 °C
    • StileAle
    • RegioneLazio
    • Grado alcolico6.8 °
    • ColoreChiara
    A partire da:4,15
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La birra la bevanda più antica e diffusa al mondo
La birra la bevanda più antica e diffusa al mondo
Pubblicato il 5 novembre 2014 da Federico Minghi in Enogastronomia,
La birra viene preparata utilizzando quattro semplici elementi di base: acqua, malto, luppolo e lievito, impiegati in proporzioni e modalità diverse.
Partendo da una materia prima già lavorata, ossia il malto di cereali (il più usato è l’orzo germinato e poi essiccato, per rendere disponibili gli zuccheri), le fasi caratteristiche del processo sono la produzione del mosto, la bollitura, la fermentazione, la maturazione e il confezionamento. Ovviamente le variabili da tenere in considerazione a seconda del tipo di birra che si vuole ottenere sono quasi infinite.
Questa non è solo la bevanda-alimento più diffusa al mondo, ma è anche tra le più antiche, infatti le sue origini risalgono a circa 13.000 anni fa, quando l’uomo cessò di condurre una vita da nomade e si stabilì in maniera fissa sul territorio, cominciando a coltivare cereali come il frumento.

Le prime testimonianze nella storia della preparazione di una bevanda simile alla birra da parte dei Sumeri, gli abitanti della fertile fascia di terra tra il Tigri e l’Eufrate, sono datate all’incirca a 6.000 anni fa.
Differenti però sono stati i modi di sviluppare la bevanda. La Mesopotamia per esempio è stata la terra che per prima ha visto sorgere la professione del birraio, cosa che in altre società meno organizzate sarebbe stata impossibile. Il prodotto delle sue fatiche rappresentava una quota della retribuzione dei lavoratori, che dunque veniva corrisposta in birra. Già all’epoca venivano prodotte varie tipologie di birra, scure, chiare, rosse, forti, dolci e aromatiche e pare che fossero addirittura venti le qualità di birra disponibili sul mercato di Babilonia la più ricca città della Mesopotamia.

La birra aveva anche un significato religioso e rituale, infatti veniva bevuta durante i funerali per celebrare le virtù del defunto e veniva offerta alla divinità per garantire un tranquillo riposo al trapassato.
Analoga importanza aveva la birra in Antico Egitto dove fin dall’infanzia si abituavano i sudditi dei faraoni a bere questa bevanda, considerata anche alimento e medicina.

Fino al Medioevo, il processo di birrificazione era appannaggio delle sole donne. Lentamente questa prerogativa svanì man mano che la birra cominciò ad esser prodotta nei monasteri; questa arte fu adottata dai monaci (belgi e olandesi in primis) per mantenere vivo il legame tra la birra e la religione. Le prime donne babilonesi che produssero birra erano infatti sacerdotesse del tempio.
Veniva prodotta la birra “leggera”, adatta ad esser consumata quotidianamente, e la birra ad alto contenuto alcolico, destinata alle occasioni speciali. Durante i matrimoni in Gran Bretagna, un tempo veniva prodotta la “birra della sposa” (bride ale). Pian piano la birrificazione divenne un’attività prettamente maschile; i monaci migliorarono il gusto ed i valori nutritivi delle loro birre, che affiancavano a pasti frugali, essendo permessi fino a 5 litri giornalieri a testa.
In poco tempo i monaci cominciarono a produrre molto più del necessario, e cominciarono perciò a vendere la propria eccedenza; con l’indebolimento della chiesa la birrificazione fu eseguita da coloro che prima si limitavano a commerciare. Talune birre si guadagnarono il marchio reale e l’approvazione delle classi dominanti.
Purtroppo i regnanti del tempo intuirono i possibili guadagni che si potevano fare sul commercio della birra, e spinsero per impedire ai monaci, che non pagavano tasse, di operare in un campo talmente redditizio.
La birra era consigliata perché considerata più salutare dell’acqua che, al tempo, era spesso contaminata; col passare del tempo il luppolo cominciò ad essere utilizzato nella birrificazione, contribuendo nella conservazione della birra ed aggiungendo freschezza al gusto.
Il luppolo sostituì una mistura di erbe chiamata “Grut”, composta tra l’altro da bacche di ginepro, prugnolo, corteccia di quercia, assenzio, seme di cumino selvatico, anice, genziana, rosmarino, che giocò un ruolo nefasto nella storia della birra.
Spesso le erbe utilizzate per il Grut erano velenose, allucinogene o mortali; gli inspiegabili decessi fondarono la credenza che esistessero delle Streghe della birra, che cominciarono ad esser perseguite durante l’Inquisizione; si narra che l’ultima strega sia stata arsa al rogo nel 1591.
Con l’uso del luppolo la birra rivelò il suo aspetto benigno ed assunse un aspetto ed un gusto simile alla birra dei giorni nostri. Nel 1516 Guglielmo IV duca di Bavaria promulgò la Legge Germanica di Purezza della Birra, stabilendo che per la produzione della stessa fossero impiegati esclusivamente orzo (successivamente anche malto d’orzo), luppolo ed acqua pura.
Con l’uso del luppolo la bevanda rivelò un gusto simile alla birra dei giorni nostri, anche se l’utilizzo del lievito era ancoro sconosciuto e la fermentazione un processo casuale.
Dopo il Mille la birra riscosse grande popolarità presso tutte le classi sociali, tanto da diventare un bene tassato. In Italia la “cervogia” (come si chiamava allora la birra) era consumata prevalentemente dagli uomini poiché per le donne la sua assunzione poteva avvenire solo sotto controllo medico.
Nel Cinquecento i produttori di birra scoprirono come controllare con successo la fermentazione dell’orzo, apportando migliorie in termini di qualità e quantità; fu in questo secolo che divenne la bevanda della Riforma, amata per la bontà e per essere un prodotto del lavoro umano, diventando merce di scambio e fonte di prosperità nei paesi protestanti. Il Seicento fu il secolo nel quale la birra si affermò come bevanda nazionale in Germania, Inghilterra, Danimarca e Olanda, ovvero nei paesi che ne rimarranno anche in seguito i principali produttori.

Suddividere il mondo della birra in categorie non è semplice. La molteplicità degli ingredienti ha dato vita a un numero elevato di quelli che vengono chiamati stili. Un primo orientamento si può riconoscere nel tipo di fermentazione.

Il più antico di tutti è quello basato sulla fermentazione spontanea, alla quale si ricorre per la birra belga prodotta in un’area specifica, dove i lieviti presenti in natura inoculano il mosto senza l’aiuto dell’uomo.
Oggi la gran parte delle birre in commercio al mondo è riconducibile o alla fermentazione alta o a quella bassa.
La prima utilizza lieviti che lavorano meglio a temperature elevate ed è alla base ci sono le ale britanniche, le stout e buona parte delle belghe, abbazia e trappiste incluse. La seconda si è sviluppata grazie alla tecnologia e al maggior controllo delle temperature, che hanno permesso di impiegare lieviti diversi per dare vita alle lager e alle pils.

“Una pinta di birra è un pasto da re” William Shakespeare

Birrificio dell’anno 2014 BALADIN
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